Innovazione

La differenziazione può trainare l’olio italiano

La diversificazione qualitativa e territoriale dell'extravergine è elemento strategico per risollevare il reddito delle imprese

Il flusso di piena che sta inondando il mercato nazionale e internazionale dell'olio di oliva è difficile da arginare nonostante le misure che si stanno adottando con contratti di stoccaggio autorizzati dall'Ue in base all'art. 6 del Reg. Ce 865/04. Una situazione di emergenza destinata a diventare cronica se non vengono individuate politiche di settore rivolte a incentivare la riconversione verso modelli olivicoli che abbiano come obiettivo produzioni di qualità dal punto di vista nutrizionale, salutistico e edonistico.

Massificazione in crisi
La tendenza a puntare sulla massificazione di un prodotto omologato di livello medio-basso annulla la differenziazione organolettica e merceologica dell'olio di oliva nei confronti degli altri grassi vegetali, come confermato dai prezzi rilevati in Spagna, dove la quotazione dell'extravergine è di 1,60 €/kg, inferiore a un olio di semi.
Condizioni di mercato che pongono limiti alla redditività anche dell'olivicoltura spagnola che, nonostante abbia raggiunto costi di produzione competitivi, non è più in grado di assorbire ulteriori flessioni dei prezzi.
La situazione può sollevare perplessità e suggerire di riservare all'olio di oliva un percorso differenziato rispetto agli altri grassi vegetali, tenuto conto anche dei recenti orientamenti mercantili internazionali sempre più interessati ad attivare canali preferenziali per gli oli di semi divenuti prodotti food e non food, oggetto di consistenti interscambi commerciali da parte dei Paesi industrializzati che esportano tecnologie verso Paesi in via di sviluppo, avendo come contropartita l'importazione di ingenti quantitativi di semi e fibre oleaginose. L'esempio eclatante è dato dall'olio di palma che oggi viene immesso sui mercati internazionali, e anche in quello italiano, a prezzi politici dovendo, soprattutto da parte degli Usa, smaltire notevoli quantità di prodotto accumulato nel tempo.

Diversificare la strategia commerciale
Individuare una strategia commerciale che diversifichi la produzione oleicola da quella degli altri grassi vegetali diventa indispensabile, e i presupposti vanno ricercati non solo nella proliferazione di normative comunitarie e nella loro interpretazione a livello nazionale, ma anche nel rivitalizzare le grandi potenzialità tecniche e imprenditoriali dei nostri olivicoltori che in questi anni hanno reagito alla carenza di una politica di settore.
Sono decine di migliaia gli olivicoltori che hanno intrapreso iniziative rivolte a ottenere un valore aggiunto al loro prodotto ricorrendo ad attività che trovano una correlazione con il marketing dell'olio extravergine di oliva aziendale: attività che riguardano l'agriturismo, la didattica, le fattorie aperte, manifestazioni culturali. I risultati che si stanno ottenendo sono da ritenere più che positivi, al punto tale che queste realtà rappresentano segmenti di mercato medio-alti di commercializzazione di oli extravergini di alta qualità, grazie anche alla specificità territoriale del prodotto sempre più apprezzato sui mercati esteri.

Spazio alla creatività nel marketing
Le strategie di marketing si diversificano a seconda della creatività dell'olivicoltore nell'individuare iniziative che meglio si adattino alla dislocazione territoriale dell'azienda, all'identità del prodotto e alle interrelazioni che si instaurano con altri settori quali il turismo, la ristorazione, le fattorie didattiche e eventi culturali (mostre, festival musicali e del cinema ecc.). L'organizzazione produttiva e commerciale consente non solo di ottenere una maggiore remunerazione rispetto alle quotazioni correnti di mercato, ma anche di creare altre attività che incrementano la redditività dell'azienda.

La differenziazione può trainare l’olio italiano - Ultima modifica: 2009-12-16T10:34:58+01:00 da Redazione Terra e Vita

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