Pomodoro da mensa e agricoltura conservativa

    pomodoro da mensa
    1. Rullo sagomato con discissori a disco e a coltello.
    Le esperienze condotte al Crea Of, il Centro di Orticoltura e Florovivaismo di Monsampolo del Tronto. Questo tipo di gestione del pomodoro da mensa, e in generale delle colture orticole, è consolidata a livello sperimentale. E si intravede la possibilità di una sua diffusione anche nelle aziende agricole

    Al Centro Crea di Orticoltura e Florovivaismo di Monsampolo del Tronto (Crea Of) si stanno affrontando da diversi anni i temi relativi alla gestione conservativa su una rotazione orticola. Nella rotazione trovano spazio diverse colture da reddito afferenti alle famiglie botaniche delle solanacee (pomodoro/peperone), cucurbitacee (melone/zucchino), ombrellifere (finocchio), asteracee (lattuga), crucifere (cavolfiore), leguminose (fagiolo/cece) e colture di copertura afferenti alle famiglie botaniche delle graminacee (orzo/farro/frumento), crucifere (rafano) e leguminose (veccia/fava).

    La rotazione, avviata nel 2001, anno in cui è avvenuta la certificazione biologica del campo sperimentale, fa parte di una sperimentazione di lungo termine. Il tutto è finalizzato a valutare l’evoluzione dell’agro-ecosistema in termini di sostenibilità agronomica, ambientale ed economica.

    Sin dall’inizio della sperimentazione, all’interno della rotazione, sono state incluse le colture di copertura, che molti agricoltori tendono a vedere solo come un ulteriore costo aziendale ma che dovrebbero essere inserite stabilmente negli ordinamenti colturali. Infatti le colture di copertura svolgono importanti servizi agro-ecologici tra cui il rinettamento delle infestanti, la riduzione della lisciviazione e dell’erosione, l’incremento della fertilità, il potenziamento della biodiversità, ecc., tutte caratteristiche tipiche dell’agricoltura conservativa. Le colture di copertura nella rotazione orticola in studio sono allevate in modo intercalare (tra due colture da reddito) e normalmente vengono trinciate e incorporate nel suolo (sovescio).

    Per tanti anni si è proceduto solamente attraverso questa metodologia, ma recentemente è stata studiata e messa a punto la possibilità di adottare una differente modalità di gestione caratterizzata da un ridotto consumo energetico.

    Si tratta di una tecnica, definita “terminazione conservativa”, che prevede l’allettamento delle colture di copertura, quando esse raggiungono una determinata fase fenologica, con un apposito rullo sagomato che eventualmente può essere abbinato a discissori a dischi e coltelli (Foto 1 in apertura).

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    2. Pacciamatura naturale di veccia.

    La sagomatura del rullo è costruita per assicurare l’incisione dei fusti delle piante e quindi l’interruzione dei fasci vascolari dello stelo. Per effetto di tale incisione la coltura di copertura allettata si disidrata andando a costituire, sopra la superficie del terreno, uno strato di materiale vegetale con funzione di pacciamante naturale (Foto 2).

    Su di esso poi, sfruttando i solchi aperti dai discissori, si trapianta la coltura da reddito.

    Il successo della tecnica è legato a una serie di fattori che possono poi influire sulle rese commerciali. La scelta della coltura di copertura è di estrema importanza poiché ad esempio le leguminose lasciano un residuo di fertilità sfruttabile dalla coltura in successione mentre le brassicacee hanno azione biocida nei confronti dei nematodi del terreno.

    Anche il momento della terminazione deve avvenire in particolari fasi fenologiche: piena fioritura per le leguminose e le brassicacee e al termine della levata per le graminacee. Un anticipo dell’intervento favorirebbe una ripresa vegetativa della coltura di copertura mentre un ritardo porterebbe alla germinazione dei semi già formatisi.

    L’adozione delle tecniche conservative e in particolare la coltivazione di una coltura da reddito sullo strato pacciamante vegetale comporta generalmente una riduzione dello sviluppo vegetativo delle piante. Anche se con maggiori costi, questo fatto consente un aumento della densità di investimento delle piante.

    Nel caso specifico, l’esperienza maturata nel Crea Of di Monsampolo del Tronto indica che l’investimento del pomodoro da mensa a sviluppo indeterminato, generalmente di 2,0 piante/m2, può essere aumentato a 2,5 piante/m2.

    Le esperienze pregresse hanno dimostrato una maggiore sanità delle piante coltivate con il metodo dell’agricoltura conservativa e la più bassa percentuale di produzione di scarto rispetto alla gestione classica.

    Con la non lavorazione del terreno

    La coltivazione del pomodoro da mensa con la tecnica della non lavorazione del terreno è avvenuta al Crea Of di Monsampolo del Tronto all’interno un campo sperimentale gestito con il metodo biologico da oltre 15 anni. I terreni sono pianeggianti di medio impasto con un contenuto di sostanza organica pari a 17 g kg-1. Le prove sono state condotte durante il quadriennio 2013-2016 utilizzando la tipologia di pomodoro da mensa “Pera d’Abruzzo”, molto apprezzata dai mercati locali sia per il consumo fresco che per l’ottenimento di conserve o di passate. L’avvicendamento colturale prevedeva la coltivazione in precessione colturale al pomodoro della veccia vellutata (var. Minnie della ditta D’Eugenio Sementi) come coltura di copertura.

    Sono state poste a confronto due diverse modalità di gestione del terreno:

    1. gestione conservativa con terminazione della veccia mediante un rullo sagomato (roller crimper) e contestuale discissura del terreno per creare le condizioni predisponenti il trapianto della coltura da reddito;
    2. gestione tradizionale con trinciatura della veccia, incorporamento nel terreno mediante vangatura dei residui (sovescio), erpicature di rifinitura e pacciamatura del terreno con mater Bi.
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    3. Pomodoro allevato a conocchia

    La veccia è stata seminata in autunno, ai primi di ottobre, alla dose di 85 kg/ha, mentre la sua terminazione mediante trinciatura o allettamento è avvenuta a fine aprile, primi di maggio. Il pomodoro è stato trapiantato intorno alla prima decade di maggio a file binate con una densità di 2,5 piante/m2. L’allevamento è stato quello classico adottato dagli agricoltori locali “a conocchia” (Foto 3). L’irrigazione a micro portata di erogazione è avvenuta con manichetta forata.

    La tecnica adottata prevedeva la fertilizzazione con pellettati organici ammessi in biologico, distribuiti parte al trapianto (azoto: 50 unità/ha) e parte 30 giorni dopo (azoto: 35 Unità/ha). Ad integrazione di questi interventi sono state operate diverse fertirrigazioni con formulati idrosolubili (azoto: 15 Unità/ha).

    Ogni anno sono stati necessari 3-5 interventi rameici per la difesa dalla peronospora. La gestione delle erbe infestanti tra le prose è avvenuta con una sarchiatura meccanica nella tesi tradizionale e con due interventi di falciatura nella tesi conservativa. Alla raccolta, che è stata eseguita dalla seconda decade di luglio alla terza decade di Agosto, sono state rilevate le produzioni ponderali e numeriche, sia commerciabili che di scarto, oltre al grado Brix.

    Passiamo ora ai risultati di esperienze pluriennali relative alla gestione conservativa del suolo.

    Coltivazione del pomodoro

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    4. Pomodoro allevato con la gestione conservativa.

    Nella tabella 1 sono riportate le medie delle produzioni ottenute in 4 anni di sperimentazione.

    La tipologia di pomodoro presa in esame ha ben risposto alla gestione conservativa (Foto 4) con una produzione commerciabile ponderale più elevata del 17% rispetto alla gestione tradizionale; lo stesso andamento è stato riscontrato per la produzione numerica.

    Viceversa è accaduto per la produzione di scarto che è risultata sensibilmente più bassa del 44% nella gestione che prevedeva la non lavorazione del terreno.

    Tale dato è in linea con quanto osservato durante le prove dove le piante di pomodoro allevate sul terreno non lavorato hanno manifestato una maggiore sanità generale e un allungamento del periodo vegeto-riproduttivo. Va precisato che la tipologia di pomodoro impiegata è priva di resistenze alla principali fitopatie. Il dato ha trovato riscontro anche su altre specie orticole allevate con la tecnica conservativa come ad esempio la lattuga.

    Infine la qualità del pomodoro non è stata penalizzata dalla tecnica per quanto riguarda il grado Brix.

    Miglioramento delle condizioni di fertilità del suolo

    L’applicazione delle tecniche conservative basate sull’ampio avvicendamento colturale, sull’utilizzo delle colture di copertura e sulla non lavorazione del terreno ha consentito nel dispositivo sperimentale di lungo periodo in atto al Crea Of di Monsampolo del Tronto l’incremento della sostanza organica del terreno dall’1,1 % dell’anno 2011 all’1,7% dell’anno 2016. Questo dato è estremamente importante perché la sostanza organica è direttamente correlata con la fertilità del terreno la quale a sua volta favorisce un livello produttivo adeguato e costante nel tempo. Il risultato ottenuto è di particolare rilievo per l’agricoltura biologica dove non sono consentiti concimi chimici.

    A livello pratico questo parametro ha permesso di ridurre progressivamente gli input (fertilizzanti e fitofarmaci) al sistema di coltivazione rotazionale e di innalzare gli output (rese produttive) stabilizzandole nello stesso tempo.

    Riduzione degli input energetici

    La particolare modalità di gestione conservativa delle colture di copertura basata sull’allettamento delle stesse con il rullo sagomato (roller crimper) permette consistenti risparmi energetici per il minor consumo di gasolio come si può evincere dalla tabella 2. Ne conseguono vantaggi ambientali diretti per le minori emissioni di anidride carbonica.

    I consumi energetici e il tempo per le operazioni colturali riportati nella tabella 2 sono stati calcolati considerando sia la preparazione del terreno per la semina autunnale della cover crop che la preparazione del letto di trapianto del pomodoro.

    Considerazioni generali

    Le esperienze maturate presso il Crea Of di Monsampolo del Tronto sulla coltivazione con il metodo dell’agricoltura conservativa hanno messo in evidenza che tale approccio, eco-sostenibile, è sicuramente interessante oltre che per il pomodoro da mensa anche per numerose altre specie orticole. E si è visto che la risposta varietale è forte: questo suggerisce di avviare programmi per ottenere varietà in grado di adattarsi alle condizione determinate dal terreno sodo.

    Un limite alla diffusione della tecnica sulle orticole è la disponibilità di trapiantatrici idonee ad operare sulla spessa coltre di pacciamatura naturale della coltura di copertura allettata e nelle diverse condizioni ambientali.

    In taluni casi si rende necessario gestire i ricacci della coltura di copertura e le rinascite delle erbe infestanti soprattutto lungo la fila di trapianto dove i discissori hanno aperto il solco e dove le manichette forate erogano l’acqua di irrigazione. Un rimedio possibile è quello di aumentare la densità di trapianto lungo la fila anche in considerazione dell’habitus vegetativo ridotto delle piante.

    La gestione conservativa del pomodoro da mensa e in generale delle ortive, seppur consolidata a livello sperimentale, non è oggi diffusa a livello operativo ma le conoscenze acquisite lasciano intravedere la possibilità in un prossimo futuro di una sua diffusione presso le aziende agricole orticole.

     

    Questo lavoro è stato in parte svolto nell’ambito del progetto Reti Bio. Gli autori appartengono al Crea Of di Monsampolo dl Tronto (Ap).

     

    POCO IN ORTICOLTURA

    lI principi dell’agricoltura conservativa sono sostanzialmente riconducibili all’adozione di idonei avvicendamenti colturali, alla minima o non lavorazione e al mantenimento di una costante copertura vegetale del terreno.

    Purtroppo, nonostante sia da più parti riconosciuta l’importanza ambientale dell’agricoltura conservativa, la sua applicazione in orticoltura è scarsamente consolidata soprattutto con riferimento alla non lavorazione del terreno, al contrario di quanto si verifica nelle coltivazioni cerealicole.

    Ne deriva che sia per la ricerca e sperimentazione che per l’applicazione pratica da parte degli operatori agricoli vi sono ampi margini di implementazione delle conoscenze e di miglioramento per la gestione conservativa nei sistemi orticoli.

    Il problema più importante da superare è quello di trovare il giusto compromesso tra i vantaggi agro-ambientali che questo tipo di agricoltura garantisce e il mantenimento di produzioni che consentano adeguati risultati economici. Tra i vantaggi agro-ambientali si possono annoverare la riduzione del compattamento del suolo, la riduzione dei fenomeni erosivi e della lisciviazione, il ripristino di adeguati livelli di fertilità, l’aumento della biodiversità e della resilienza dell’agro ecosistema. G.C.

     

    Leggi l’articolo su Terra e Vita 22/2017 L’Edicola di Terra e Vita

    Pomodoro da mensa e agricoltura conservativa - Ultima modifica: 2017-07-08T13:00:13+02:00 da Barbara Gamberini

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