Corretta difesa Potare e defogliare

L’influenza delle corrette pratiche agronomiche nel contrastare la malattia

La difesa del vigneto dagli attacchi di muffa grigia è uno dei cardini fondamentali per la produzione di uve di qualità. Al di la delle condizioni meteoclimatiche che possono favorire lo sviluppo e l’intensità della diffusione della malattia gli aspetti agronomici restano uno degli aspetti di maggiore incisività nel contrasto di questa temuta malattia fungina. In modo particolare si consideri che l’evoluzione delle forme di allevamento a favore di sistemi integralmente meccanizzabili ha in un certo senso introdotto nuove variabili che possono avere una loro influenza nei confronti del problema più o meno rilevante. E’ proprio alla luce di queste forti evoluzione nei sesti, nell’altezza della parete e nei sistemi di potatura che rende sempre più determinante il ruolo delle corrette pratiche agronomiche che restano lo strumento fondamentale, ancor prima di quello della difesa chimica, a disposizione dei viticoltori nella difesa dalla botrite.

Sistema d’allevamento e muffa grigia

Le forme d’allevamento più interessanti per il contrasto alla muffa grigia erano sicuramente i sistemi a raggi o le pergole perché caratterizzati da una ampia aereazione dei grappoli, una buona separazione fra fascia produttiva e vegetazione dell’anno ed una elevata distanza da terra dei grappoli. Sistemi che oggi sono sicuramente anacronistici se non altro per il fatto che non permettono la vendemmia meccanica e che per questo hanno praticamente lasciato spazio a forme d’allevamento più moderne, semplici e di dimensioni molto più contenute. I sistemi di allevamento integralmente meccanizzabili sono oggi caratterizzati da una modesta altezza da terra della fascia produttiva e distanza fra le file particolarmente ridotta. I grappoli si trovano molto spesso fra gli 80 ed i 120 cm. da terra e la distanza fra le file il più delle volte spazia fra i 250 ed i 275 cm. Le moderne forme d’allevamento possono essere distinte, anche in base al tipo di potatura che su di esse viene realizzato, in due grandi famiglie: cordone permanente e tralcio rinnovato.

Cordone Permanente: Sistemi d’allevamento che si basano sulla formazione di un tralcio destinato a produrre, nel corso degli anni, germogli produttivi. Questi possono essere ulteriormente distinti in sistemi con vegetazione sostenuta ed in forme con vegetazione a ricadere. Nella prima categoria rientrano Sylvoz, Casarsa, e Cordone Speronato. Queste forme tendono a mantenere la fascia produttiva ben separata dalla vegetazione dell’anno che benefica dell’appiglio di fili rampicanti ed in certi casi di palizzature con l’ausilio di fili mobili o divaricatori che però sono sempre meno utilizzati soprattutto in aree particolarmente fertili dove si privilegia la cimatura verde. Fra le forme con vegetazione sostenuta sta crescendo di interesse e diffusione il Cordone Speronato anche in aree dove precedentemente erano particolarmente diffuse le atre due. I sistemi con vegetazione a ricadere sono invece il Cordone Libero ed il Gdc sui quali si adotta un sistema di potatura a sperone corto e la vegetazione tende a ricadere sulla fascia produttiva. Per quanto concerne la botrite va osservato che Casarsa e Sylvoz sono sicuramente sistemi con distribuzione della produzione su di una superficie più ampia ed areata e quindi meno favorenti lo sviluppo della malattia. Il cordone speronato, pur concentrando i grappoli su di un’area più limitata, favorisce però una più razionale defogliatura così come interventi fitosanitari di contrasto mirati alla sola fascia produttiva e per questo più econo mici ed efficaci. Le forme con vegetazione a ricadere cono sicuramente le meno adatte a contrastare le insidie della muffa grigia sia perché meno areate ma anche per la concentrazione dei grappoli in una fascia molto contenuta rispetto ad altri sistemi. Ovviamente anche l’entità della produzione ha una sua rilevanza da questo punto di vista ed in particolar modo il numero di grappoli e la loro dimensione. A questo proposito negli ultimi anni, con la diffusine di una potatura sempre più meccanizzata e poco rifinita le preoccupazioni dei viticoltori si stano concentrando proprio su questo aspetto legato al possibile sviluppo di botrite. Di fatto diverse esperienze hanno dimostrato già da diversi anni come il meccanismo di autoregolazione della pianta su ceppi nei quali viene lasciato un elevato numero di gemme produttive tende a generare acini più piccoli e con buccia più spessa, tali da risultare meno sensibili agli attacchi botritici. Di fatto quindi a parità di produzione un maggior numero di gemme tende a generare acini più piccoli e per questo più resistenti alla botrite. Questo non toglie che un cordone eccessivamente denso di speroni e della relativa vegetazione generi un microclima ed una aereazione non necessariamente ideale.

Tralcio rinnovato: Su queste forme, essendo la variabile dal numero di nodi e numero di tralci lasciati molto meno personalizzabile, la distanza fra i grappoli ed il loro affastellamento è decisamente più razionale e sotto controllo. In questi sistemi oltretutto, proprio per l’importanza di curare i tralci che dovranno produrre l’anno successivo, la vegetazione è accuratamente sostenuta, spesso palizzata, per evitare che venga eccessivamente raccorciata dalla cimature estive. In questo modo, purché la compressione della vegetazione fra i fili di contenimento non sia eccessivamente stretta, è assicurata un’adeguata aereazione dei grappoli.

La gestione agronomica è fondamentale

L’influenza della gestione agronomica nel contrasto allo sviluppo della botrite nelle moderne forme d’allevamento e sugli attuali sistemi di potatura è sempre più fondamentale. Sono molteplici le pratiche da prendere in considerazione, tutte importanti soprattutto se opportunamente combinate fra loro per le sinergie che sono in grado di generare. Sinergie che diventano spesso importanti per lo meno quanto eventuali interventi chimici. Dopo la scelta della forma d’allevamento, che deve essere la più appropriata anche in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche del territorio ma anche della suscettibilità varietale anche la scelta del clone può avere la sua rilevanza. Questo in funzione della conformazione del grappolo innanzitutto, più o meno compatto, ma anche della sua vulnerabilità che può essere più o meno accentuata.

Ovviamente una corretta difesa fitosanitaria nei confronti di altri aspetti più critici, oidio e tignoletta in particolare, che possono diventare facile via d’ingresso per la muffa grigia devono essere alla base di una corretta gestione agronomica del vigneto. Questo, non da ultimo, beneficia sicuramente di pratiche agronomiche volte alla riduzione dell’umidità e pertanto sfalci sufficientemente frequenti e cimature appropriate. Anche la defogliatura da diversi anni è una pratica ritenuta sempre più determinante nel favorire la buona aereazione dei grappoli togliendo foglie che tendono a conservare una elevata bagnatura ed umidità a carico dello stesso. Interventi con bentoniti da applicare con comuni solforatori si sono particolarmente diffusi con ottimi risultati negli ultimi anni. Particolarmente interessanti sono le applicazioni possibili con attrezzature di ultima generazione che permettono una maggiore precisione nella distribuzione che in questo modo può essere indirizzata anche solo sulla fascia produttiva.

Foto di Claudio Corradi

Corretta difesa Potare e defogliare - Ultima modifica: 2015-05-21T09:00:40+02:00 da Sandra Osti

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