La cimice asiatica ha lasciato il segno

cimice
L'estate scorsa ha danneggiato i frutteti del nord Italia, in particolare il pero, ma anche pesco e melo

La cimice esotica, Halyomorpha halys, nota in America come Brown marmorated stink bug è stata la protagonista assoluta della scena fitosanitaria italiana di quest’anno. Originaria dell’Asia orientale (Cina, Corea, Giappone, Taiwan), è una cimice marmorizzata grigio-marrone lunga 12-17 mm e non molto diversa da altre specie autoctone.

L’esplosione negli States

In Asia, nei paesi di origine, si comporta da fitofago occasionale ma, quando è stata accidentalmente introdotta in alcune aree degli Stati Uniti, ha causato danni da milioni di dollari nei frutteti diventando rapidamente il fitofago chiave delle colture frutticole.

Inoltre, per il suo controllo, gli agricoltori americani hanno dovuto fare un massiccio ricorso ad insetticidi non selettivi, facendo fare un bel passo all’indietro alle strategie di difesa integrata. In Italia la cimice asiatica è stata trovata per la prima volta solo 3 anni fa ma, vista l’entità delle popolazioni presenti in campo quest’anno, è ipotizzabile che fosse presente già da tempo nei nostri ambienti senza essere stata notata.

Crescita esponenziale in 3 anni

Già lo scorso anno era stato registrato qualche danno su pero in una zona limitata del modenese poi, questa estate, le cimici sono comparse in massa in diverse aree frutticole del nord Italia danneggiando pero, pesco e melo. In Emilia-Romagna la coltura più colpita è stata sicuramente il pero, anche grazie alla grande diffusione degli impianti nella zona in cui è comparsa la cimice, ma in altre regioni i danni hanno interessato anche le altre colture frutticole. Su pero gli attacchi precoci hanno determinato le classiche deformazioni che poi, man mano che il frutto raggiungeva le sue dimensioni definitive, diventavano suberificazioni, aree necrotiche o, peggio, deliquescenza della polpa.

 

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La cimice asiatica ha lasciato il segno - Ultima modifica: 2015-11-06T10:26:27+01:00 da Sandra Osti

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