La scommessa delle start up

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Quattro proposte per rilanciare i prodotti del settore primario

Fisica, biotecnologia, internet, moda, spumante. Esiste un filo rosso capace di tenere assieme parole appartenenti ad ambiti così distanti? La risposta è sì e si chiama agricoltura. Nonostante venga comunemente percepita come un’attività legata essenzialmente ai ritmi immutabili della natura, il primario oggi è uno dei comparti maggiormente investiti dal fermento innovativo. Del resto, come Expo ci ha ricordato, per nutrire il pianeta in maniera sostenibile è necessario investire in innovazione.
La strada da percorrere è ancora molto lunga, specie in Italia. La popolazione agricola è tendenzialmente anziana, il ricambio generazionale lento, la banda larga un miraggio, gli investimenti in R&S pochissimi. Eppure non mancano esempi di start up che stanno scommettendo con successo sulla terra, utilizzando e contaminando settori e ambiti distinti. Come la fisica, la biotecnologia, internet, la moda e lo spumante.

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ProXentia

Fornire uno strumento economico, rapido e semplice per effettuare controlli sulla sicurezza e la qualità dei prodotti agroalimentari. Questo l’obiettivo di ProXentia, start up recentemente insignita del Premio Gaetano Marzotto per l’idea di impresa e finanziata da Horizon2020, nata dall’intuizione di un gruppo di fisici dell’Università di Milano nel 2011. «Il principio di base – spiega il Ceo Matteo Salino – è la cosiddetta superficie fantasma: lavoriamo con una serie di materiali che appaiono invisibili in acqua. Sfruttando la riflessione della luce, siamo in grado di rilevare singole strati delle molecole che aderiscono all’interfaccia tra questi materiali e un qualsiasi fluido».

Messa a punto l’idea, i giovani soci decidono di puntare sul mercato agroalimentare. Nella pratica ProXentia propone un kit di rilevazione pronto all’uso e completamente personalizzabile che si compone di una cartuccia (monodose), un lettore e un infine software (in sviluppo anche app per smartphone e tablet) che guida l’utente nella procedura di analisi. «I punti di forza sono diversi: non serve personale specializzato, è possibile effettuare molte analisi contemporaneamente e nei luoghi di produzione, bastano 20 minuti per ottenere il risultato». Il prodotto non è ancora sul mercato: sono stati realizzati otto prototipi e nei primi mesi del 2016 partirà un test su tre comparti: latte, vino, cereali. «Il prezzo – assicura – sarà molto competitivo».

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Cortilia

Cortilia è il primo mercato agricolo online dove si possono acquistare prodotti freschi realizzati da agricoltori locali. La start up nasce nel 2011 da un’idea di Marco Porcaro e oggi è attiva in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. L’attività si basa su una piattaforma internet che aggrega l’offerta degli agricoltori e la domanda dei consumatori. Basta entrare nel sito, fare la spesa con pochi click e aspettare circa 48 ore per avere a casa i prodotti selezionati. Punto di forza della start up, al di là del km zero digitale, è un particolare algoritmo sviluppato che consente di minimizzare i percorsi dei furgoni e i tempi di attesa delle consegne. Ogni anno la spesa contadina 2.0. distribuisce circa 500 prodotti provenienti da oltre 40 agricoltori selezionati.

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Erpacrife

Tutto nasce da un’esigenza: non perdersi di vista dopo gli anni trascorsi insieme sui banchi di scuola. Così, quasi per gioco, quattro amici, Paolo, Cristian, Erik e Federico, con alle spalle imprese di famiglia, decidono di fondare un’azienda vitivinicola insieme. La scommessa è questa: spumantizzare vitigni autoctoni del Piemonte, in primis il Nebbiolo.

«Erpacrife – spiegano i quattro soci – è l’acronimo dei nostri nomi e ci ricorda come la nostra azienda sia nata da un sogno, da una grande amicizia, ma anche dalla voglia di scommettere e innovare». L’operazione spumantizzazione non è infatti semplice, richiede ricerca, tentativi e investimenti.

«Dal primo esperimento di spumantizzazione, quasi 10 anni fa, oggi abbiamo raggiunto una produzione di circa 15 mila bottiglie l’anno, che esportiamo in 16 Paesi».

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Orange Fiber

Trasformare gli scarti dell’industria agrumicola (oltre 700mila tonnellate annue) in tessuti eco-sostenibili e vitaminici. Questa l’intuizione di Adriana Santanocito, studentessa di moda siciliana, che condivide l’idea con la coinquilina Enrica Arena, esperta di comunicazione.

Era il 2011 e prendeva vita Orange Fiber, la prima start up agro-fashion italiana, tutta al femminile. Ma come si è passati dall’idea al compimento? In pratica il pastazzo, lo scarto di lavorazione dell’arancia, viene lavorato secondo un procedimento brevettato dalle giovani imprenditrici per poterne estrarre la cellulosa che formerà il filato definitivo.

Un materiale biodegradabile, morbido al tatto e dall’aspetto lucente, con le stesse caratteristiche di qualunque altro tessuto se non fosse che al suo interno sono contenuti oli essenziali sotto forma di microcapsule che si sciolgono a contatto con la pelle, nutrendola con vitamina C. L’obiettivo di Orange Fiber è ora la conversione a scala industriale e l’ingresso vero e proprio sul mercato, grazie alla collaborazione con aziende agricole.

La scommessa delle start up - Ultima modifica: 2015-12-16T08:37:30+01:00 da Sandra Osti

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