Editoriale: Xylella, ritorno ai fondamentali

oliveto biologico
Oliveto biologico
Estirpare sì o no? Le specie ospiti sono tante, le condizioni agronomiche hanno un peso sinora trascurato

Xylella, ritorno ai fondamentali di Beatrice Toni

Obiettivo suggestivo, piantare oltre un miliardo di alberi o semi. L’occasione era il 45mo anniversario del giorno della terra, il 22 aprile. Qualcuno avrà pensato anche a piantare olivi, nel pieno della bufera Xylella?

La ricerca scientifica, intanto, osserva pacatamente due o tre cose. Che l’eradicazione in caso di batteri come la Xylella è del tutto inutile perché gli olivi non sono gli unici ospiti, anzi ve ne sono centinaia. Lo dimostrano, fra l’altro, le “epurazioni” già patite da altre specie vedi alla voce batteriosi del kiwi o colpo di fuoco del pero: centinaia di ettari sterminati invano.

La vita si nutre, in realtà, di equilibri. Come nell’organismo umano, un’infezione di per sé non è sufficiente a scatenare il batterio: contano molto le difese naturali della pianta. E, sempre in analogia con l’homo sapiens, lo “stile di vita” influenza la “tenuta” del nostro sistema immunitario. Agronomicamente parlando vuol dire che, negli ultimi anni, certi oliveti sono stati parecchio trascurati: dimenticate buone pratiche come trinciatura delle malerbe e potatura, consumata la sostanza organica, distrutto l’ecosistema. Pensiamo solo ai microrganismi e alla loro importanza per il benessere delle piante (nutrizione, assorbimento dell’acqua, barriera contro i patogeni).

Che fare allora? Tornare ai fondamentali, alla corretta gestione dell’oliveto. Nel nome del benessere delle piante e di chi le coltiva. Oggi lo reclamano in tanti: alla vigilia delle elezioni regionali pugliesi, anche gli olivi sono politicamente polarizzanti. Le “minacce” pagano. E dopo il 31 maggio? Facciamo in modo che non diventino un tema noioso.

Olivicoltori, non untori di Antonio Ricci*

L’eradicazione indiscriminata degli olivi del Salento non è una soluzione risolutiva per debellare la Xylella fastidiosa.

Lo sostiene anche l’Efsa (Agenzia europea per la sicurezza alimentare) che consiglia, come prevenzione, interventi con mezzi meccanici e chimici, purché a basso impatto ambientale, per eliminare non solo nelle superfici olivetate, ma anche in quelle limitrofe, specie vegetali spontanee o coltivate che potrebbero essere potenziali focolai di infezione in quanto habitat naturali del vettore del batterio, il cicadellide “Philaenus spumarius” (detto Sputacchina).

Il controllo degli insetti vettori va fatto durante l’intero ciclo biologico con pratiche agronomiche tradizionali: trinciatura delle erbe e dei sarmenti della potatura, aratura superficiale ed erpicatura, irrorazioni di principi attivi per rendere più efficace la lotta alla Sputacchina. Ma quest’ultimo intervento viene osteggiato dagli ambientalisti perchè comprometterebbe l’ecosistema.

Nonostante l’indicazione di alcune misure preventive, resta il clima di tensione degli olivicoltori sempre più orientati a constatare che l’emergenza Xylella rimane un’occasione pretestuosa per dare sfogo a un “coro polifonico” di enunciazioni, molte stonate, il cui effetto è di essere più fastidiose della Xylella.

È auspicabile, quindi, che l’Italia assuma a Bruxelles una posizione decisa e propositiva poiché gli olivicoltori salentini non sono “untori”, ma vittime inconsapevoli di una migrazione spesso incontrollata di specie vegetali infette, e non solo, che circolano nell’intera Europa.

(*) Direttore scientifico “Olivo e Olio”

Editoriale: Xylella, ritorno ai fondamentali - Ultima modifica: 2015-04-28T16:40:58+02:00 da Sandra Osti

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